Perché Universi Resilienti è il titolo giusto

Perché Universi Resilienti è il titolo giusto...

Blog di Paolo Borzini

 Mi è stato chiesto cosa significa “essere resilienti” e se il titolo “Universi Resilienti” fosse davvero adatto.
Dopo averli riletti, discussi, sistemati e visti affiancati uno all’altro, quei 17 racconti parlano chiaro:
sono storie di resistenza, rottura, consapevolezza.
Ogni protagonista è chiamato a un confronto impossibile:

– con il potere (Nathan, in Nemmeno Dio),
– con la verità (Drake, in L’Ombra dell’Ordine),
– con la tecnologia che ci sfugge di mano (Eco nel Cloud, Ombre nel Codice),
– o con se stesso, come accade nel silenzio tragico di Tradita.

Vacillano, si spezzano, cadono… ma nel farlo si trasformano.
Non è resilienza da manuale, né parola da coaching motivazionale.
È resilienza vera: quella che nasce nel buio, sotto il peso delle scelte, degli sbagli, nel confronto con l’irreversibile.
Nel mondo di “Universi Resilienti”, essere resilienti non significa solo resistere.
Significa attraversare un’evoluzione – umana, tecnologica e narrativa – in cui:

– le persone smettono di subire passivamente i sistemi,
– i protagonisti sviluppano coscienza, reagiscono, si ribellano,
– la tecnologia diventa un campo di conflitto, non più solo uno strumento.

La cosiddetta era pre-resiliente era quella in cui si programmava, si costruiva, si sognava…
ma non si comprendevano ancora le vere implicazioni del digitale.
Si amava la macchina, ma non ci si interrogava sul potere che le stavamo affidando.
Nei miei racconti, qualcosa cambia.
Universi Resilienti” è un viaggio tra futuri distopici, sistemi deviati, IA inquietanti, coscienze in lotta,
e un’umanità che prova, spesso nel dolore, a riscrivere il proprio destino.
Resilienza, qui, non è adattamento passivo.
È disobbedienza, è consapevolezza, è lotta.
È una nuova forma di sopravvivenza narrativa.
Per questo sì, “Universi Resilienti” è il titolo giusto.
Perché è un libro che racconta cosa accade quando tutto crolla, e qualcuno sceglie comunque di capire.

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Paolo Borzini

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