Post

Visualizzazione dei post da maggio, 2025

Tre minuti per spiegare 1984

BLOG di Paolo Borzini Tre minuti per spiegare 1984?  Impossibile. Ma ci ho provato. Alle organizzatrici del BissaBook va il mio primo pensiero, hanno creato qualcosa di raro, una piccola bolla fuori dal tempo, dove una decina di lettori e lettrici si sono raccontati attraverso i libri.  Il Book Date si è svolto in uno spazio raccolto, amichevole, vivo. Un po’ troppo vivo, forse, abbiamo sforato i tempi a ogni round. Ho portato 1984. Avevo preparato un riassunto. Non l’ho usato. Mi sono accorto che parlare di Orwell è come aprire un varco: non riesci a fermarti a "di cosa parla", finisci subito su "perché lo ha scritto" e, soprattutto, "cosa ci sta dicendo oggi". E allora via con la Neolingua, il pensiero semplificato, le parole cancellate, la verità riscritta, la paura che ti fa dire: "fatelo a Julia". Altro che tre minuti.  Ogni volta provavo a iniziare con educazione: "vai tu per primo". Ma poi finivo sempre col dilagare. Il bello? Ne...

Quando il Cyberpunk Suonava Italiano

 Quando il Cyberpunk Suonava Italiano BLOG di Paolo Borzini Non è stata solo la lettura a formare il mio gusto per la fantascienza, ma anche la musica. Frequentavo la prima superiore quando, grazie a un compagno di classe, scoprii le canzoni di Alberto Camerini. Nell'album Comici Cosmetici è contenuta una canzone dal titolo Neurox, un brano affascinante e sorprendentemente anticipatore del genere cyberpunk — ben prima che quello che considero il padre del genere, William Gibson, pubblicasse Neuromante. Camerini, per me, è stato un genio visionario. Con la sua musica ha aperto le porte di un mondo fatto di robot, androidi, connessioni, giocattoli a pile... ma anche di vuoto interiore e di quell’eterna ricerca dell’amore che, in fondo, è la struttura portante dell’essere umano. Oltre ad aver ispirato il mio nickname, Neurox66, questa canzone ha influenzato profondamente alcuni miei racconti e poesie. Ricordo ancora la sensazione di quel primo ascolto: i suoni sintetici, le parole vis...

Pensare è faticoso, meglio lasciar perdere.

Pensare è faticoso, meglio lasciar perdere. Blog di Paolo Borzini  Decidere di smettere di pensare: è colpa dell’informazione? Dei media che ci imboccano con una narrazione prefabbricata? Oppure è una scelta nostra, una resa consapevole? La verità è che pensare è un’operazione faticosa, scomoda, ingombrante. Molto più semplice lasciarsi trasportare dalla corrente, adottare il pensiero in voga, replicare quello che si sente in giro — magari con convinzione, ma senza passare nemmeno dal filtro del dubbio. Ma cos’è pensare, se non l’attività più nobile e faticosa della mente? Un processo in cui si formano idee, concetti, coscienza, immaginazione, desideri, critica, giudizio e ogni possibile raffigurazione del mondo. Se la mettiamo così, verrebbe da dar ragione agli empiristi: il pensiero sarebbe solo un prodotto fisiologico del cervello, generato dalla complessità delle sue connessioni neuronali. Come la bile è una secrezione del fegato, o la saliva delle ghiandole salivari. Però — e ...

Perché Universi Resilienti è il titolo giusto

Perché  Universi Resilienti  è il titolo giusto... Blog di Paolo Borzini  Mi è stato chiesto cosa significa “essere resilienti” e se il titolo “ Universi Resilienti ” fosse davvero adatto. Dopo averli riletti, discussi, sistemati e visti affiancati uno all’altro, quei 17 racconti parlano chiaro: sono storie di resistenza, rottura, consapevolezza. Ogni protagonista è chiamato a un confronto impossibile: – con il potere (Nathan, in Nemmeno Dio), – con la verità (Drake, in L’Ombra dell’Ordine), – con la tecnologia che ci sfugge di mano (Eco nel Cloud, Ombre nel Codice), – o con se stesso, come accade nel silenzio tragico di Tradita. Vacillano, si spezzano, cadono… ma nel farlo si trasformano. Non è resilienza da manuale, né parola da coaching motivazionale. È resilienza vera: quella che nasce nel buio, sotto il peso delle scelte, degli sbagli, nel confronto con l’irreversibile. Nel mondo di “ Universi Resilienti ”, essere resilienti non significa solo resistere. Significa a...

La scintilla nascosta

 La scintilla nascosta BLOG di Paolo Borzini C’è chi cerca la speranza come un faro. Io l’ho sempre vista come una brace. Nei racconti che ho scritto, la luce non trionfa, non salva, non consola. Ma arde, anche se sotto la cenere. È la voce stanca di Evan Drake che continua a indagare anche quando nessuno glielo chiede più. È la coscienza fratturata di Nathan che, nel riconoscere sé stesso come carnefice, rinuncia al ruolo di dio. È Libra che, pur senza libero arbitrio, decide di agire per qualcosa che assomiglia alla verità. Sono personaggi che cadono, che fuggono, che osservano.  Che spesso non riescono a cambiare il mondo, ma a volte riescono a cambiare sé stessi o almeno a vedere le proprie ombre con lucidità. Se c’è una scintilla in queste storie, non è una promessa. È un dubbio. Un grido soffocato. Una mano che si ritrae. È il gesto minimo che ci ricorda che, anche nella distorsione, l’umano resta. E forse basta questo per non spegnersi del tutto. Nei giorni scorsi ho ri...