La scintilla nascosta
La scintilla nascosta
BLOG di Paolo Borzini
C’è chi cerca la speranza come un faro. Io l’ho sempre vista come una brace.
Nei racconti che ho scritto, la luce non trionfa, non salva, non consola. Ma arde, anche se sotto la cenere.
È la voce stanca di Evan Drake che continua a indagare anche quando nessuno glielo chiede più.
È la coscienza fratturata di Nathan che, nel riconoscere sé stesso come carnefice, rinuncia al ruolo di dio.
È Libra che, pur senza libero arbitrio, decide di agire per qualcosa che assomiglia alla verità.
Sono personaggi che cadono, che fuggono, che osservano.
Che spesso non riescono a cambiare il mondo, ma a volte riescono a cambiare sé stessi o almeno a vedere le proprie ombre con lucidità.
Se c’è una scintilla in queste storie, non è una promessa. È un dubbio. Un grido soffocato. Una mano che si ritrae. È il gesto minimo che ci ricorda che, anche nella distorsione, l’umano resta.
E forse basta questo per non spegnersi del tutto.
Nei giorni scorsi ho ricevuto questa email da una lettrice all'indirizzo universiresilienti@borzini.it
Mi ha colpito per la sincerità con cui ha colto lo spirito del libro, ma anche per l’onestà nel segnalare ciò che, a suo avviso, poteva essere dosato diversamente. Ho deciso di condividerla qui perché credo che parli non solo a me, ma anche a chi legge...
Mi ha colpito per la sincerità con cui ha colto lo spirito del libro, ma anche per l’onestà nel segnalare ciò che, a suo avviso, poteva essere dosato diversamente. Ho deciso di condividerla qui perché credo che parli non solo a me, ma anche a chi legge...
Caro Paolo,
ho finito Universi Resilienti e ho dovuto prendermi un momento per tornare a respirare.
Alcuni racconti mi hanno lasciata con un nodo in gola, altri con quella lucidità che punge, che resta addosso.
Hai dato vita a un universo narrativo coerente, cupo e necessario, fatto di lotte silenziose, solitudini ostinate, e una forma di onestà che oggi è rara. La tua voce si sente — vera, diretta, senza sconti — e non è qualcosa che si dimentica in fretta.
Ti confesso però una cosa: a volte, soprattutto nei finali, hai detto un po’ troppo. Proprio tu, che sai raccontare il buio così bene, potresti permetterti di lasciare più spazio al silenzio.
E anche se la raccolta è implacabile (e questa è forse la sua forza), una crepa, un gesto appena accennato di tenerezza o umanità, ogni tanto, avrebbe reso il colpo ancora più profondo.
Ma forse è giusto così. Questo libro non consola, non illude.
È una vertigine — intensa, coraggiosa — dentro un mondo che somiglia fin troppo al nostro.
E chi sa guardare bene, tra le crepe, ci troverà anche una scintilla. Piccola, ma viva.
Grazie davvero per averlo scritto.
F.
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